Pensione “Quota CENTO”

Hai ricevuto una comunicazione di riliquidazione da parte dell’INPS? Ti viene richiesto indietro il trattamento pensionistico? Affidati a noi e risolvi i tuoi problemi con i nostri consulenti!

La materia della cd. “pensione quota cento” è stata introdotta, su proposta del Governo e per soli tre anni, al fine di consentire l’accesso alla pensione ai lavoratori dipendenti prima del raggiungimento della soglia dei 67 anni, a condizione che fosse superata la “quota cento”, derivante dalla sommatoria dell’età anagrafica – minimo 62 anni – e dagli anni di contribuzione – minimo 38 anni. A tal riguardo, il Decreto-legge n. 4 del 28 gennaio 2019 “disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni”, convertito con Legge n. 29/2019, ha però introdotto la non cumulabilità della pensione così beneficiata rispetto a redditi di lavoro dipendente e redditi di lavoro autonomo occasionale, purché nel limite di € 5.000,00 all’anno.

Ma cosa succede se fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia si percepiscono redditi da lavoro dipendente o autonomo oltre i 5.000 euro lordi annui?

Può accadere che l’INPS ti invii a mezzo raccomandata una comunicazione di “riliquidazione del trattamento pensionistico” a mezzo della quale ti verrà richiesta la restituzione dell’intero importo pensionistico percepito nel corso dell’anno in cui l’attività lavorativa è stata svolta.

Per fare un esempio

  • a gennaio 2021 si inizia a percepire il trattamento pensionistico;
  • a settembre 2021, per un giorno, viene svolta un’attività da lavoro dipendente percependo la somma di €100,00;
  • l’INPS ti invierà comunicazione per il “recupero di somme indebitamente percepite su pensione” per un importo complessivo pari a € 12.000,00, importo corrispondente all’intero trattamento pensionistico relativo all’anno 2021.

Ma è legittima la richiesta dell’INPS?

 L’attività lavorativa svolta, anche solo per un giorno, in violazione della Legge n. 29/2019, non può comportare, a fronte della percezione di un reddito irrisorio (ad esempio: € 100,00), la perdita dell’intero importo pensionistico per l’anno in questione. Se così fosse, il pensionato, in ragione di un reddito modesto e inidoneo al sostentamento personale (€ 100,00), si vedrebbe privato della prestazione pensionistica con un evidente danno alla propria qualità della vita, invece di vedersi meramente decurtare la somma percepita per il lavoro prestato. Equo e legittimo sarebbe disporre la restituzione del predetto importo (ad esempio: € 100,00), percepito per un’attività lavorativa che, ex lege, il soggetto pensionato non avrebbe potuto e dovuto svolgere.

Diversamente, richieste come quelle dell’INPS parrebbero una semplice “punizione”, lesiva e in contrasto con il principio di proporzionalità.

Ma allora cosa è possibile fare per contrastare la richiesta dell’INPS?

Contro il predetto provvedimento si ha la possibilità di presentare ricorso amministrativo al Comitato Provinciale entro 90 giorni dalla ricezione dello stesso attraverso una delle seguenti modalità:

- online tramite lo SPID sul sito www.inps.it

- tramite Ente di patronato o altri soggetti abilitati all’intermediazione con l’Istituto.

Se il competente Comitato non avrà deciso il ricorso entro 90 giorni dalla data di presentazione dello stesso si potrà proporre azione giudiziaria.

Affidati al Codacons per verificare la correttezza e legittimità della pretesa avanzata dall’INPS! Una volta esaminato il tuo caso e verificata la presenza dei necessari presupposti, i nostri legali ti porteranno al raggiungimento dell’obbiettivo, ovvero la restituzione delle somme trattenute e la rideterminazione dell’importo dovuto in restituzione sulla base di quanto effettivamente percepito.

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