La contrazione dell’ 0,1 per cento del PIL registrata nel secondo trimestre 2003 rispetto al primo, rappresenta una delle più gravi crisi economiche del dopoguerra perché, a differenza delle altre, l’onda lunga della mancata crescita, iniziata nel 2001, ha riverberato i suoi effetti sui redditi delle famiglie, costrette prima ad intaccare i propri risparmi, accantonati con sacrificio, e poi ad indebitarsi per sopravvivere. Il risparmio delle famiglie è passato dai 104 miliardi di euro del dicembre 2001, ai 77 miliardi di fine 2002.Dall’introduzione dell’euro, il carico aggiuntivo gravante sulle famiglie per i rincari ammonta ad oltre 2.800 euro annui.
E’ stata l’inerzia del governo, la sua pervicace sottovalutazione del fenomeno inflattivo e del carovita crescente, ammantato da un ottimismo fuori luogo, dai suoi mancati interventi di politica economica e di blocco delle privatizzazioni di monopoli ed oligopoli che ancora controlla, della mancata liberalizzazione delle professioni che bloccano il mercato e fanno dell’Italia la patria delle tariffe più elevate, la causa scatenante di un fallimento totale dissimulato con cortine fumogene come Telekom Serbia, nel vano tentativo di occultare le sue gravissime responsabilità agli occhi della pubblica opinione.
L’Intesa dei Consumatori che, inascoltata, ha lanciato ripetuti allarmi da oltre due anni nel deserto dell’indifferenza del governo, continua a chiedere una ?finanziaria? di sviluppo, in grado di invertire una tendenza altrimenti destinata ad aggravarsi con la sempre più ridotta capacità di spesa delle famiglie, e che non può concretizzarsi con l’ottimismo o il continuo deterioramento dei redditi e delle pensioni, ma con un pieno recupero delle diminuzioni subite, con la fissazione di una inflazione programmata fissata almeno al 2,7 per cento per il 2003, in luogo della ridicola inflazione virtuale fissata all’1,7 per cento.
L’intesa dei consumatori invita, ancora una volta, i cittadini e le famiglie dissanguate da politiche economiche disastrose di questo governo ad aderire il 16 settembre al terzo sciopero della spesa, una giornata che dovrà segnare una inversione di tendenza rispetto all’inerzia del governo e delle istituzioni.