Era una delle gabelle più odiate, quella relativa alla depurazione delle acque reflue. Perché nella maggior parte dei casi i cittadini erano costretti a pagare senza il corrispettivo di un servizio: senza, cioè, che il Comune si fosse mai preoccupato di realizzare un depuratore. E ciò in quanto la normativa di riferimento, la n. 36 del 1994 — la cosiddetta legge Galli — prevedeva espressamente che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione era dovuta dagli utenti «anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi». Ma ora, a distanza di più di 14 anni, la Suprema Corte ha fatto finalmente giustizia, sancendo l’illegittimità costituzionale proprio di quel passaggio controverso stabilito dall’articolo 14 comma 1: la sentenza è la n. 335 dell’11 ottobre scorso. «Nel sistema delineato dalla legge n. 36 — spiega il presidente del Codacons Caserta, l’avvocato Maurizio Gallicola — la tariffa del servizio idrico integrato, articolato in tutte le sue componenti e quindi, anche quella relativa al servizio di depurazione, ha natura di corrispettivo di prestazioni contrattuali e non di tributo. Ed è questo che la Consulta ha definitivamente chiarito affermando il sinallagma (cioè il rapporto di scambio, ndr) che correla il pagamento della tariffa stessa alla fruizione del servizio, per tutte le quote componenti la tariffa. In sostanza, si era conclamata una violazione dell’articolo 3 della Costituzione, in quanto veniva discriminato chi pagava la tariffa senza ricevere in cambio il servizio». Ma ora, che scenari si aprono? «Ovviamente — sottolinea Gallicola — tutte le cartelle esattoriali i corso e le ingiunzioni di pagamento sono da considerarsi ormai nulle. Ma esistono i presupposti anche perché gli utenti che negli anni scorsi sono stati costretti a pagare indebitamente i canoni di depurazione, possano chiedere ai Comuni il risarcimento delle somme versate. Noi abbiamo già approntato dei modelli prestampati da fornire ai nostri associati. Anche se credo, alla luce delle ben note difficoltà finanziarie in cui versano gli enti locali del territorio, che difficilmente si potrà arrivare ad una restituzione immediata delle somme: molti Comuni potrebbero finire in dissesto. In tal caso, è comunque consigliabile avviare un’azione legale: anche perché, in estrema ratio, si potrebbero ipotizzare delle transazioni che portino alla compensazione con altri tributi comunali o canoni dovuti dal contribuente». Pietro Falco Impianto Un sistema di depurazione delle acque reflue