CASSAZIONE: SENTENZA RICONOSCE RISARCIMENTO DANNI DA PARTE DEL PROPRIETARIO DEL DISTRIBUTORE SE PROVATA LA PRESENZA DI ACQUA NEL SERBATOIO.
SECONDO I SUPREMI GIUDICI L’UNICO MODO CON CUI È POSSIBILE DARE PROVA È ATTRAVERSO LE «PRESUNZIONI», CHE DEVONO PERÒ ESSERE “GRAVI”, “PRECISI” E “CONCORDANTI”
CODACONS: SENTENZA IMPORTANTE IN MATERIA. SCRIVETECI A INFO@CODACONSLOMBARDIA.IT
I Supremi Giudici di Cassazione con la sentenza n.5092/2022 hanno statuito che, con riferimento al risarcimento del danno per carburante contaminato, il consumatore deve dare prova dell’effettivo rifornimento, del danno causato, e del nesso di causalità tra l’evento e il danno, dando evidenza della presenza di acqua nel serbatoio.
Tuttavia, dal momento che l’automobilista non ha la possibilità di effettuare una verifica sui serbatoi interrati delle stazioni di servizio, l’unico modo con cui potrà farlo è attraverso le «presunzioni», capaci di fornire una ragionevole probabilità che il danno sia dipeso dall’acqua presente in quella specifica stazione di rifornimento e non in altre. Diventa fondamentale, in tal senso, far effettuare una perizia da parte di un meccanico o perito professionista.
“La sentenza della Cassazione chiarisce quali siano gli elementi che devono essere provati per ottenere un risarcimento danni per carburante contaminato – commenta il presidente Codacons Marco Donzelli – chiunque abbia il dubbio di aver subito un danno faccia eseguire un perizia tecnica che dimostri la presenza di acqua nel serbatoio. Scriveteci a info@codaconslombardia.it per ottenere assistenza legale in materia”
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