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Base usa, uno su 4 vota al referendum

Quando scende la sera, si vota a lume di lanterna e chi se ne importa se si va oltre le 21, ora prevista per la chiusura dei seggi, anzi dei gazebo, visto che la consultazione popolare sul raddoppio della base americana, bocciata dalla Consulta, si fa in autogestione. Esultano in piazza Castello i No Dal Molin e il sindaco Achille Variati: più di 22mila vicentini hanno fatto la coda, certificato e carta d’identità alla mano, per sostenere la loro battaglia, il 26 per cento abbondante di chi aveva diritto al voto: "Una grande vittoria, un segnale politico che non potrà essere ignorato. Non potranno più dire che siamo un pugno di estremisti di fuori città". Sul fronte opposto, il leader del comitato a favore della base Usa, Roberto Cattaneo, esulta pure lui ("Si dimostra ancora una volta che la maggioranza dei vicentini è con noi. La base si farà: questa è la pietra tombale sulle polemiche") preannunciando un esposto al Garante della Privacy, se non alla magistratura, contro i promotori della consultazione autogestita: "Hanno schedato i cittadini, usando indebitamente le liste fornite dal Comune". Ma Variati rilancia: "Dicono che hanno votato in pochi? Se guardiamo all’elettorato vicentino attivo, scopriamo che nelle consultazioni passate i votanti sono stati meno della metà di questa volta. E lo scrutinio è avvenuto in modo ineccepibile". Poi lancia una frecciata al suo partito, il Pd, che a livello nazionale non ha speso una parola in suo favore: "Per le nostre primarie, pubblicizzate per mesi e giudicate un grande successo, qui a Vicenza si erano espressi in 5mila". Nel crogiolo degli oppositori alla base, c’è di tutto. Sinistra ed extra-sinistra, cattolici di base (e in effetti parecchi religiosi ieri hanno votato, tra cui un manipolo di una ventina di suore che si sono presentate di prima mattina al gazebo davanti alla scuola Giuriolo), no-global, ma soprattutto gente comune, anche orientata a destra. In polemica con la Lega, durissima contro l’iniziativa che stuzzica il suo elettorato del "paroni a casa nostra", ieri trionfava un manifesto con Alberto da Giussano: a Pontida con lo spadone al vento, a Roma più mogio e l’arma bassa, per finire a Vicenza con le mutande penzoloni. Le prospettive? In teoria la via verso la costruzione della base è segnata. Ma non è detta l’ultima parola. Mercoledì si attende la sentenza di merito del Tar del Veneto su un esposto del Codacons, che potrebbe esigere modifiche al progetto. Avverte Vittorio Agnoletto, parlamentare europeo, ieri a Vicenza: "Manca la valutazione di impatto ambientale sul progetto definitivo. Se non la fanno, partirà in automatico la procedura di infrazione da parte della commissione Ue". E se entrano le ruspe al Dal Molin per iniziare i lavori? "Non le faremo passare, ci metteremo sulla strada", rispondono Francesco Pavin e Cinzia Bottene dei comitati: "Vogliamo vedere però se gli americani accetteranno di costruire la base in una città che si è espressa così compatta contro il progetto". Il sindaco Variati aggiunge: "Da Vicenza parte un segnale che spero faccia riflettere. Lo Stato che vorrei, visto che la città economicamente gli dà molto, ospitando tra l’altro da 53 anni un milione 300mila metri quadri di basi militari, dovrebbe dire: ok, l’area del dal Molin la doniamo al Comune". E azzarda: "Forse si dovrebbe anche pensare se sia opportuno avere sul suolo nazionale basi straniere. I tempi cambiano". Infine, una frase sibillina: "La consultazione autogestita potrebbe ora assumere anche un valenza amministrativa, non solo simbolica".

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